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Altre notizie | 28 luglio 2015, 10:00

Briga, Tenda, Mentone e dintorni al tempo della cessione di Nizza alla Francia. Riflessioni aperte di Casalino

La contea di Nizza, come dimostrarono gli eventi successivi, non accettò di buon grado tale cessione, se pur qualche rara eccezione legata alla condizione economica di alcuni settori o di ceti meno abbienti

Briga, Tenda, Mentone e dintorni al tempo della cessione di Nizza alla Francia. Riflessioni aperte di Casalino

Tra polemiche, controversie diplomatiche (che coinvolsero tutte le potenze del tempo e non solo quelle protagoniste di una vicenda che lascia tuttora ampi margini di interpretazione storica), logiche di realismo politico, risentimenti e preoccupazioni soprattutto tra le genti interessate, si consumò, nel 1860, la cessione di Nizza e del suo contado alla Francia. La contea di Nizza, come dimostrarono gli eventi successivi, non accettò di buon grado tale cessione, se pur qualche rara eccezione legata alla condizione economica di alcuni settori o di ceti meno abbienti. L'esodo che prese il nome di nizzardo e le accese proteste degli ambienti patriottici non solo rappresentati da Giuseppe Garibaldi, testimoniarono quanto sofferta fu quella pagina della storia d'Italia.

L'italianità di Nizza non era in discussione e nonostante il tentennare sabaudo a ratificare gli accordi con Napoleone III, a sua volta tallonato da un'opinione pubblica che aveva mal-digerito l'intervento militare del 1859 a fianco del Piemonte, con il trattato del 1860 si procedette alla definitiva cessione. Neppure la Savoia, che forse poteva apparire più disposta in teoria a passare sotto la Francia per una cultura più decisamente francofona, non mostrò grande entusiasmo. La questione, sulla quale si è scritto abbastanza (e ancora si scriverà), tuttavia apparve più complessa per diverse ragioni anche economiche. Basti ricordare il timore manifestato da Ventimiglia di seguire la sorte di Nizza e dintorni (timore che Torino si affrettò a fugare), ma anche, all'opposto, la delusione di Tenda (riserva di caccia di Vittorio Emanuele II) e di Briga, di non essere diventate francesi al momento della cessione della provincia di Nizza, ma riaggregate amministrativamente alla provincia di Cuneo (mentre tornarono dal punto di vista religioso sotto la diocesi di Ventimiglia nel 1886) nella confermata appartenenza a quello che esse consideravano ancora il Regno di Sardegna e non d'Italia.

Memori delle fortune economiche e demografiche maturate sotto l'occupazione francese al tempo di Napoleone Bonaparte (1794-1814), i due centri brigaschi (e tendaschi) e loro frazioni, conservavano quel ricordo per aspirare al ritorno sotto i francesi. D'altra parte l'Alta Val Roia, dopo il 1861, divenne praticamente zona franca in cui furono facilitati i commerci locali e internazionali, gonfiati da uno straordinario livello di contrabbando semi-legalizzato rimasto tale fino al 1940. Aldilà della secolare appartenenza ai Savoia, tuttavia, con il trattato di pace del 1947, Briga fu tolta all'Italia, consentendone l'unione alla Francia (la terza nella storia), ma anche rompendo l'unità della terra brigasca. Tra l'altro Briga aveva mantenuto a lungo una vocazione transnazionale e commerciale anche grazie in forza di una tradizionale presenza ebraica (l'attuale Via del Ghetto fa memoria di ciò). A fatica questo regime riprese, negli anni del dopoguerra.

Tenda, invece, a lungo sotto Genova e poi contesa dalla stessa Francia e dai Savoia, non recise del tutto i rapporti economici con il Piemonte e la Liguria, dopo la guerra e il trattato del 1947, non più certo sul piano del contrabbando, quanto nel contesto delle normative sui pascoli, come la recente legge francese sulla Montagna del 1989. Più articolata fu la posizione dei centri mentonaschi, da porre sempre, peraltro, in riferimento al comune destino del vicino Principato di Monaco (intorno al quale ruotavano), il cui regime fiscale passò dal controllo quello piemontese a quello francese dopo il 1860. Detti centri ebbero un atteggiamento non sempre univoco verso il Piemonte, combattuti tra la ricerca della clausola del paese più favorito (nel commercio dei limoni) ed un ruolo autonomistico, se pur nel quadro sabaudo. Ma anche queste sono tematiche da approfondire nell'ambito di una rinnovata e compiuta riflessione storica.

Pierluigi Casalino".

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