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Nizza | 17 luglio 2017, 13:30

Gli splendori della Nizza sabauda, un'unione storica tra Francia e Italia attraverso l'arte

La riconoscenza degli ebrei nizzardi verso il re Carlo Felice e la memoria dei Savoia nelle opere della città dell'eterna primavera

Gli splendori della Nizza sabauda, un'unione storica tra Francia e Italia attraverso l'arte

Nel celebre (e già spesso ricordato) libro "L'Italia descritta e dipinta" del 1838 si legge che con il ritorno dei Reali di Savoia, dopo la parentesi napoleonica, il porto di Nizza, al quale si accedeva per un viale circondato di olmi (porto detto originariamente di Limpia, perché tratto dalle limpide acque di fonte e ricavato dalle rocce dai venerati ed illuminati sovrani Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III), venne abbellito e ulteriormente reso utile ai traffici tra Italia e Francia.

In capo poi al Ponte Nuovo di San Carlo che si trovava all'estremo della città, tra mezzogiorno e ponente venne eretto un obelisco che poggiava su una sfinge di marmo di Carrara e riportante un effige in tre lingue, ebraica, latina e italiana posta agli Israeliti di Nizza in ringraziamento della tolleranza manifestata dal re Carlo Felice, sovrano "umanissimo". Analogamente posero un'effigie della loro riconoscenza in onore di Carlo Felice "i negozianti di Nizza".

La città di Nizza, che diede i natali ad uomini celebri, tra i quali anche il pittore Brea e il poeta Carlo Masseroni, oltre che al generale Massena che si schierò con il Bonaparte, venne citata per la "lindura delle sue botteghe del caffè"che si incontravano nel Corso, mentre il Terrazzo signoreggiava il Foro Picario, caro "agli Ictiologi e agli Ictiofagi".

Il Corso dava sulla parte nuova e più gentile della città e immetteva alla piazza di San Domenico, ed al Teatro, recente e "non inelegante edificio, nel quale le opere buffe italiane si alternavano ai vaudevilles francesi"; nella "vaga Piazza di San Domenico", poi, sboccava una strada "frequente di popolo": si legge ancora che "quinci presso sono i bastioni e il ponte nuovo che cavalca il Paglione". Di lì si accedeva alla via che "si dirige verso a Piazza Vittorio, che corre lungo il fiume, frenato da alte muraglie".

Se il sobborgo croce di Marte si distingueva per la presenza di molti inglesi (circa seicento, "adescati dal clima", tant'è che sembrava di "essere nel sobborgo di Brighton", una Brighton con luoghi di culto anglicano e anche con monumenti sepolcrali e lapidi), la caratteristica del luogo era segnata da agrumeti e giardini, che immettevano in zone ad alta concentrazione olivicola.

Gli inglesi "si raccolgono in crocchio" e non tendono "a mescolanza straniera", cavalcando e seguendo il rito del tè. La costa da Villafranca (porto militare dei Savoia, talora concesso anche alla marina dello zar di Russia) al litorale francese "rallegra (agli inglesi) il settentrione che nel fitto inverno, qui sedendo all'aperto, sente le tepide aure e trova meravigliando la primavera della sua patria". Del resto "alla clemenza del cielo di Nizza, come già detto in altra occasione, ragionano i viaggiatori di tutte le nazioni". "Da questa felice piaggia è bandito il rigido inverno " e benché le Alpi siano vicine di rado cade la neve.

Della Nizza Sabauda ancora oggi ci stupiamo e continueremo a ricordala come una  fortunata pagina della storia patria. Una Nizza che "appartiene geograficamente all'Italia e incontestabilmente alla Liguria marittima, benché attribuita alla Provenza per schiatta. lingua e costumi". "Il cuore vi batte di gioia al pensiero che siete giunti nelle fresche vallicelle, ai graziosi poggi, ai floridi giardini di Nizza....l'aria voluttuosa ci invita a prendere riposo a Nizza, bagnata dalle azzurre onde marine, tra le odorose spiagge della Provenza". Da questa importante fonte libraria del 1838, ma anche da altre ad essa contemporanea o precedente, si apprende quanto splendida fosse la vita pubblica e privata in questo antico "comune italiano", anzi "ligure" (come si legge nelle vicende del IX e X secolo) al tempo dei Savoia. E Nizza, perla dei Savoia, rivive ancora oggi quelle meraviglie irripetibili, pur sventolando su di essa la bandiera di Francia.

Casalino Pierluigi

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