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Altre notizie | 24 settembre 2017, 17:00

70 anni fa la cessione di Briga e Tenda alla Francia: ecco cosa è davvero successo

Il referendum che si tenne a Briga, Tenda e in altri centri minori della valle il 12 ottobre 1947, dopo il passaggio ufficiale dell’alta Roya alla Francia, per confermare o meno l’annessione di tali territori alla Quarta Repubblica

70 anni fa la cessione di Briga e Tenda alla Francia: ecco cosa è davvero successo

A settant’anni dalla cessione di Briga e Tenda alla Francia, in virtù della stipulazione del Trattato di pace tra l’Italia e le potenze alleate e associate il 10 febbraio 1947 a Parigi, il nostro lettore Andrea Gandolfo, ci propone un suo trattato storico su un episodio minore di quella complessa vicenda, ossia il referendum che si tenne a Briga, Tenda e in altri centri minori della val Roia il 12 ottobre 1947, dopo il passaggio ufficiale dell’alta Roia alla Francia, per confermare o meno l’annessione di tali territori alla Quarta Repubblica.

 

Con la fine della seconda guerra mondiale, dall’aprile del 1945, l’alta val Roia venne occupata dall’esercito francese “per ragioni strategiche”. La firma del Trattato di pace tra l’Italia e le potenze alleate, avvenuta a Parigi il 10 febbraio 1947, sancì la cessione alla Francia dell’alta Roia. Il 16 settembre 1947 si svolse il passaggio ufficiale delle consegne tra le autorità italiane e quelle francesi nei paesi delle vallate passate alla Francia. La Costituzione della Quarta Repubblica non consentiva acquisizioni territoriali senza il consenso delle popolazioni interessate, per cui il governo transalpino dovette indire un referendum per confermare o meno la disposizione del trattato parigino nei paesi della val Roia passati sotto la sovranità francese. La consultazione fu fissata per domenica 12 ottobre 1947 in cinque seggi installati a Tenda, Briga, Piena, Libri e Mollières. Ormai era una questione interna alla Francia e il governo italiano non fu chiamato a partecipare alla sua organizzazione. Subito dopo l’occupazione della Roia da parte delle truppe francesi negli ultimi giorni di aprile del 1945, si era già svolto un plebiscito, allestito dalle autorità transalpine a Briga e Tenda. I risultati del referendum diedero un’ampia maggioranza a favore della cessione alla Francia di Tenda e Briga, mentre un’altra consultazione popolare, tenutasi nel villaggio di Mollières il 14 maggio 1947, avrebbe fornito l’unanimità dei consensi in favore del passaggio alla Francia del piccolo centro montano.

Nel frattempo si erano formati nella popolazione due schieramenti contrapposti, favorevoli e contrari al passaggio alla Francia. Il 14 settembre 1944 era stato fondato a Nizza il Comité de Rattachement de Tende et La Brigue à la France, da elementi provenienti dal Club Amical de la Haute Vallée de la Roya. Il Comité, guidato dall’oriundo brigasco Aimable Gastaud, avrebbe svolto nel periodo delle trattative per l’inclusione di Briga e Tenda nel territorio francese, un’intensa attività propagandistica in favore dell’annessione delle due località alla Francia. Da parte italiana non sarebbero invece sorte vere e proprie organizzazioni che si assumessero l’onere, come faceva il Comité de Rattachement per conto della Francia, di condizionare l’opinione pubblica e influenzare in senso antiannessionista le decisioni dei membri della commissione, che avrebbe dovuto valutare l’opportunità della cessione di Briga e Tenda alla Francia. I filoitaliani organizzarono, tra l’altro, anche due manifestazioni pubbliche di protesta il 1° maggio 1946 a Tenda, in occasione dell’arrivo nella cittadina della commissione interalleata, e a Torino davanti alla prefettura. Si segnala, infine, che nell’agosto 1946 la militante democristiana locale Nilla Gismondi si fece promotrice dell’istituzione di un “Comitato per l’Italianità della Val Roja”, che, nel dopoguerra, avrebbe fornito assistenza gratuita ai profughi brigaschi e tendaschi stabilitisi nelle province di Imperia, Cuneo e Savona. Nelle frazioni rimaste all’Italia, come Realdo, non mancò peraltro chi auspicava di passare alla Francia, insieme agli altri territori che avevano cambiato nazionalità.

Il 1° settembre 1947 l’Assemblea nazionale aveva intanto approvato la legge sulle modalità del plebiscito in val Roia, presentata a suo tempo dal governo francese. Il provvedimento, poi promulgato il 16 settembre, ammetteva al voto tutte le persone, senza distinzione di sesso, che avessero compiuto il diciottesimo anno di età all’atto dell’iscrizione nelle liste elettorali, a cominciare da quelle nate nel territorio “ricongiunto” e ivi residenti, cui si aggiungevano quelle nate nel territorio annesso alla Francia da genitore con lo stesso luogo di nascita, indipendentemente dal loro domicilio dell’epoca, e, infine, le persone nate al di fuori del territorio annesso, che vi avevano stabilito il proprio domicilio prima del 28 ottobre 1922, conservandolo fino alla data del referendum. Venivano esclusi dal voto i discendenti di persone del luogo, nati in Francia o in Italia. Questa norma mandò su tutte le furie i membri del Comité de Rattachement per la possibile «esclusione» dalla consultazione di circa quattrocento oriundi tendaschi e brigaschi, il cui voto era ritenuto decisivo.

 

La data in cui era stato fissato il referendum, tra l’altro, escludeva dal voto anche tutti gli italiani, nativi e residenti nel luogo, che avevano deciso di rifiutare la cittadinanza francese. Il 24 settembre, intanto, il prefetto delle Alpi Marittime Paul Haag aveva convocato gli elettori della val Roia, precisando come la consultazione avrebbe avuto luogo dalle 8 alle 18 di domenica 12 ottobre, su liste chiuse la settimana prima. Nei giorni che precedettero le votazioni, i francesi svolsero un’intensa propaganda elettorale, che, invece, da parte italiana, fu praticamente inesistente. La celebrazione del referendum fu occasione di vivaci proteste da parte degli italiani contrari all’annessione. Il giorno del referendum circa ottocento profughi di Briga e Tenda, guidati dall’avvocato Vittorio Badini Confalonieri e dall’ingegner Aldo Ruffi, avrebbero tentato di forzare il presidio installato dai francesi all’imbocco della galleria ferroviaria di Tenda, ma furono respinti dalle forze dell’ordine transalpine.

Un fatto allarmante venne segnalato il 2 ottobre dal quotidiano «Nice-Matin», in una corrispondenza di Daniel Provence, a dieci giorni dallo svolgimento del referendum. Da essa apprendiamo come i servizi segreti transalpini avrebbero sventato due piani di distruzione degli impianti idroelettrici della Roia, predisposti da altrettante formazioni di “nazionalisti” italiani: la prima, facente capo al dottor Enrico Garaccione, a Briga, col concorso di Aldo Lanteri e di altri militanti filoitaliani, si sarebbe incaricata di far saltare i tubi collettori della centrale di San Dalmazzo; l’altra, sotto la guida di due ex capi partigiani, con base a Limone, avrebbe provveduto a distruggere lo sbarramento di Mesce. Avendo deciso la Conferenza dei Quattro di mantenere all’Italia i benefici dei rifornimenti idroelettrici della valle dopo l’annessione alla Francia della val Roia – scriveva il giornalista del quotidiano nizzardo – il gruppo di Limone si sarebbe ritirato dall’impresa, rivendendo parte dell’esplosivo, mentre il nucleo di Briga avrebbe insistito nel suo proposito, venendo però spiazzato dal tempestivo intervento del controspionaggio di Parigi, che gli avrebbe sottratto il materiale esplosivo che intendeva utilizzare per l’attentato.

Su richiesta del governo francese venne inoltre nominata una commissione di osservatori neutrali dal presidente della Corte internazionale dell’Aia, con l’incarico di verificare la correttezza delle operazioni di voto. Tale organo di controllo era composto dal presidente della Corte speciale di giustizia dell’Aia Joost van Hamel, dal presidente del Consiglio di stato del Cantone di Ginevra, François Perréard, e dal ministro plenipotenziario di Svezia, e decano della commissione, Sjoelborg. Nei giorni che precedettero la votazione e lo scrutinio, avrebbe operato in val Roia anche una commissione per i ricorsi, giunta a Briga e Tenda il 6 ottobre, formata dal presidente della Corte d’appello di Aix-en-Provence Bruneau, dal consigliere della stessa corte Chambert, e dal giudice del Tribunale di Nizza Cachiardy de Montfleury, ai quali venne affidato il compito di vagliare i reclami relativi alle liste elettorali. La commissione dei magistrati francesi procedette ad esaminare i reclami che le erano stati presentati fino alla vigilia del plebiscito, accogliendone 55 su 58 e dichiarando irricevibile una «commovente» petizione, sottoscritta da 158 abitanti di Realdo, che chiedevano di poter partecipare alla consultazione popolare. A Briga presiedettero alle operazioni elettorali il segretario generale del Comité de Rattachement Gastaud e l’esponente di punta dell’annessionismo cittadino, Hippolyte Lamberti, che era stato, tra l’altro, ufficiale nell’Esercito italiano.

Quando cominciarono le operazioni di voto, la mattina del 12 ottobre, sin dalle prime ore era facilmente prevedibile quale responso avrebbero dato le urne. Uno storico locale, Pierre Héraud, che avrebbe dedicato uno studio, nel 1948, alla vicenda della cessione di Briga e Tenda alla Francia, così descrisse la situazione nei centri della val Roia interessati dalla consultazione: «A mezzogiorno, il 65% degli elettori iscritti aveva già votato. Gli osservatori neutrali che avevano passato la mattinata al municipio di Tenda per assistere alle operazioni si recarono a Briga, Piena e Libri per verificare la correttezza del voto e la presenza, nei seggi, di schede per il «Sì» e per il «No». Verso le 17, M. Haag, Prefetto del Dipartimento delle Alpi Marittime, arrivò a Tenda, vivamente applaudito. Alle 18 lo scrutinio venne dichiarato chiuso e, sotto il continuo fuoco dei flash, cominciò lo spoglio. La folla si ammassò ansiosa davanti al municipio di Tenda, i risultati superarono tutte le speranze. Alle acclamazioni fece seguito una commovente Marsellaise, che anticipò la proclamazione: su 2845 votanti, la Francia ottenne 2603 sì, contro 218 no, circa il 92%».

Le modalità di svolgimento del plebiscito avevano peraltro suscitato qualche critica da parte della stampa locale italiana: la presenza di due schede, una per il “oui”, l’altra per il “non” semplificavano, è vero, le operazioni di voto, ma ne mettevano in dubbio la segretezza: chi voleva poteva ritirare una sola scheda, palesando le sue intenzioni. I risultati del plebiscito superarono le più rosee previsioni, meravigliando i più accesi sostenitori della stessa linea annessionista: 1445 voti a favore dell’annessione a Tenda, pari al 93,95%, 78 astenuti, 76 “no”, 17 nulli su 1538 votanti e 1616 iscritti nelle liste elettorali; 759 voti favorevoli a Briga, corrispondenti al 96,07%, 41 astenuti, 26 “no”, 5 voti nulli su 790 votanti e 831 iscritti nelle liste; 142 voti a favore a Libri, pari al 67,94%, 9 astenuti, 67 “no”, nessun voto nullo, su 209 votanti e 218 iscritti nelle liste; 91 voti favorevoli a Piena, pari al 65%, 9 astenuti, 48 “no”, un voto nullo, su 140 votanti e 148 iscritti nelle liste elettorali; e, infine, 166 voti a favore a Mollières, corrispondenti al 99,99%, un astenuto, un “no”, un voto nullo, su 168 votanti e 169 iscritti nelle liste. In totale, i voti a favore dell’annessione alla Francia furono 2603, pari al 91,49%, gli astenuti 137, i “no” 218, i voti nulli 24, su 2845 votanti e 2982 iscritti nelle liste elettorali.

 

La stessa stampa nizzarda si sarebbe mostrata alquanto stupita per la pur scontata vittoria. Il già ricordato studioso locale Héraud avrebbe commentato come tutte le previsioni fossero state superate, specialmente dai risultati di Tenda e da quelli di Piena e Libri, per i quali i francesi non erano del tutto sicuri di una piena affermazione, che sarebbe stata raggiunta soltanto grazie a una «fruttuosa visita» nei due piccoli centri della bassa Roia da parte del sottoprefetto delle Alpi Marittime Louis Bourguet, il 2 ottobre. Sarebbe stato quindi l’interessamento delle autorità francesi, secondo lo storico transalpino, a convincere gli abitanti delle due ex frazioni di Olivetta San Michele a votare per la Francia, anche se una lieve minoranza della popolazione si era espressa per l’Italia, fatto che, secondo il prefetto di Nizza Haag, costituiva una prova inconfutabile della regolarità in cui si erano svolte le operazioni di voto.

Negli stessi giorni in cui si compiva il destino dell’alta Roia, alcuni profughi della vallata pensarono di dar vita all’Associazione esuli della Valle Roja, che avrebbe cercato di ottenere successivamente dal governo un riconoscimento giuridico, senza tuttavia conseguirlo. In seguito il sodalizio si sarebbe fatto promotore di una serie di manifestazioni a sfondo patriottico, destinate peraltro ad alimentare un irredentismo nostalgico che sarebbe presto finito nel dimenticatoio. Con il referendum del 12 ottobre 1947, la cessione della val Roia alla Francia ricevette quindi la sua sanzione definitiva e si chiuse così, anche formalmente, il lungo capitolo della storia del nostro confine occidentale iniziato alla fine di aprile del 1945, con l’occupazione dell’alta Roia da parte delle truppe francesi, e terminato nel settembre 1947 con la consegna dei poteri alle autorità transalpine a Briga, Tenda e negli altri paesi ceduti alla Francia, in seguito dell’entrata in vigore del Trattato di pace.

Andrea Gandolo

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