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Altre notizie | 13 gennaio 2018, 08:00

A Nizza si sperimenta “Reality”, un’applicazione per segnalare maleducazioni, reati o per chiedere aiuto

L’applicazione consente di filmare quanto si vede e di trasmetterlo direttamente alla sala operativa della polizia municipale

A Nizza si sperimenta “Reality”, un’applicazione per segnalare maleducazioni, reati o per chiedere aiuto

Il sogno di molti: trasformarsi in tanti Sherlock Holmes, documentare reati, inciviltà cui si assiste, incidenti contattando direttamente la polizia, attraverso il proprio smartphone.

Si chiama Reporty, si tratta di un’applicazione di provenienza israeliana che viene testata, a Nizza, nei prossimi due mesi attraverso alcune centinaia di dipendenti comunali che si sono detti disponibili.

L’applicazione consente di filmare quanto si vede e di trasmetterlo direttamente alla sala operativa della polizia municipale. Con alcuni vantaggi di non poco conto: innanzi tutto l’applicazione non registra sul proprio smartphone e questo impedisce di postare sui social quanto trasmesso alla polizia, poi geo localizza il luogo da dove si trasmette e i filmati verranno trattato nella medesima maniera di quelli provenienti dalle tante video camere disposte in città. Resteranno negli archivi della Polizia Municipale per dieci giorni e poi saranno cancellati se nel frattempo l’autorità giudiziaria non li avrà richiesti per i propri uffici.

Massima garanzia per la privacy e coinvolgimento della cittadinanza, se Reporty, dopo il periodo di sperimentazione diventerà un’applicazione utilizzabile da tutti. L’individuazione dello smartphone che invia l’immagine, la geolocalizzazione e l’assenza di pubblicità dei filmati dovrebbero mettere al riparo dagli abusi.

A cosa dovrebbe servire Reporty? A segnalare fenomeni di microcriminalità cui si assiste, a documentare fatti particolari come incidenti stradali o situazioni di pericolo, a chiedere aiuto nell’ipotesi ci si sentisse male per strada o in casa, grazie alla geolocalizzazione.

Difficile dire se supererà l’esame e se l’applicazione sarà ritenuta utile: si tratta di una “prima volta” per una grande città. Nulla a che vedere con la delazione, ma potrebbe trasformarsi in un sistema porre rimedio a situazione di abuso o di maleducazione che è difficile contrastare attraverso i consueti “giri” delle pattuglie di polizia.

A ciascuno il giudizio sull’applicazione: per due mesi saranno circa 300 le persone che la sperimenteranno, dai risultati dipenderà se entrerà a poi parte delle “app” sui nostri smartphone e ciascuno di noi si trasformerà in uno Sherlock Holmes o in implacabile “castigamatti”.

Beppe Tassone

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