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Eventi | 15 maggio 2019, 09:00

Saluzzo, un tuffo nel Neolitico alla scoperta della Giada del Monviso

Aperta ieri la mostra alla ex Caserma Musso ricca di ricostruzioni, oggetti e narrazioni. Le asce realizzate in pietra verde di Oncino, rarità mineralogica del Re di Pietra, raggiunsero tutta l’Europa tra i 7000 e i 4000 anni fa. Affollato convegno con eminenti studiosi per parlare delle ricerche e scoperte. Il progetto del Parco del Monviso avrà un’ulteriore sviluppo a settembre

Saluzzo, la mostra La Giada del Monviso

Saluzzo, la mostra La Giada del Monviso

E’ un tuffo nel Neolitico dove tra i 7000 e i 4000 anni fa, asce realizzate in pietra verde del Monviso, raggiunsero tutta l’Europa occidentale e una parte della Orientale, in un raggio di migliaia di km. Sono state identificate circa 14 mila asce delle quali oltre 1.700 di dimensioni superiori a quelle che ne avrebbero consentito l’uso.

Queste ultime furono trovate a distanza molti grandi dalla sorgente estrattiva e con ogni probabilità costituivano un simbolo di potere per le élites europee. 

La pietra verde di Oncino o “La giada del Monviso” è oggetto di una interessante mostra inaugurata ieri  venerdì 10 maggio, in due grandi sale del percorso espositivo alla ex Caserma Musso. Apre l'incredibile scenario dello sviluppo e diffusione dell’estrazione e commercio della Giadeite 7 mila anni fa.

La mostra si potrà visitare tutti i week end dalle 10 alle 18 dall’11 maggio al 16 giugno e dal 31 agosto al 29 settembre.

L’esposizione nasce da un’idea del CeSMAP - Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica di Pinerolo che nel 2013 aveva già presentato una rassegna dedicata alla “Pietra Verde del Monviso” e di cui sono esposti vari pannelli illustranti la storia di questa rarità mineralogica del Re di Pietra.

Si parte dalla ricostruzione e narrazione dell’uomo neolitico che, come dichiara il presidente del Parco del Monviso, Gianfranco Marengo "in terra saluzzese non è mai stato esplorato e valorizzato e che ora, con le recenti scoperte, potrebbe diventare un motivo di richiamo anche turistico intercettando un settore “di nicchia” come quello storico e archeologico"..

I visitatori incontrano nel percorso una capanna neolitica, scoprono  l’agricoltura, la tessitura, gli attrezzi, la cura della persona,  gli strumenti di cottura e di fabbricazione del tempo remoto. Nel secondo salone sono esposti  reperti mineralogici, tecniche lavorative artigianali, manufatti e riproduzioni di grandi asce, simili a quelle che percorsero  le vie commerciali n tutta Europa.

Il materiale è stato realizzato dal Centro di Archeologia Sperimentale Torino utilizzando tecniche in uso del periodo neolitico.

Simbolo di potere e trascendenza, vero e proprio “fenomeno globale” ante litteram, la pietra verde  rivive  così nel contemporaneo continuando ad affascinare e creando spunti di  riflessione interdisciplinari, tra archeologia, etnografia e storia della cultura materiale.

La mostra realizzata nell'ambito di Start/Artigianato si conclude nei locali dedicati dalla Fondazione Amleto Bertoni al “padre” dell' artigianato saluzzese Amleto Bertoni. L’ingresso è libero. È possibile – per gruppi e scuole – la visita in altri orari previa prenotazione presso il Servizio Promozione del Parco (tel. 0175-46505 didattica@parcomonviso.eu ). Sabato 18 maggio e domenica 2 giugno, alle 10,30 e alle 14,30 circa sono previsti laboratori didattici con dimostrazione pratica di tecniche di lavorazione neolitiche. Nel mese di giugno e di settembre sono previste inoltre escursioni nel territorio di Oncino.

Il taglio del nastro è avvenuto dopo il convegno “Giada, grandi asce alpine del neolitico europeo” sempre alla ex Caserma Musso,  con la partecipazione di eminenti studiosi.

Secondo quanto emerso dalle ricerche storico-scientifiche circa 7000 anni fa, nell’appartato vallone di Oncino, ad est del Monviso, veniva estratto e lavorato un raro minerale simile alla più nota giada cinese. A render suggestivo il ritrovamento è stata anche la scoperta che i manufatti in “giadeite” hanno poi viaggiato per migliaia di chilometri fino a raggiungere, come punti estremi, l’Irlanda, la Normandia, Danimarca e Bulgaria.

La scoperta iniziale è da attribuirsi ai geologi dell’Università di Torino: Franco Rolfo Roberto Compagnoni che fin dal 2003 localizzano sulla Punta Rasciassa, a circa 2.400 metri  di quota, il primo giacimento primario (cioè in sede non fluviale) di giadeite delle Alpi.

Dopo anni di studi, pressoché in simultanea con i colleghi italiani, anche l’archeologo francese Pierre Petrequin giunge allo stesso risultato e localizza anch’egli i primi blocchi massivi nel Vallone del Lenta, a monte di Oncino.

L’incontro è stato introdotto dal presidente del Parco del Monviso, Gianfranco Marengo, che ha ricordato come la pietra verde del Re di Pietra sia stato uno dei primi beni economici comuni per la storia dell’Europa, commercializzato fino a più di tremila chilometri di distanza dal luogo di estrazione.

Al fascino di questa vicenda contribuisce anche il fatto che i luoghi da cui la pietra veniva cavata sono rimasti pressoché intatti ancora oggi. Prima dell’inizio dei lavori, è stato inoltre proiettato un video realizzato da Sergio Beccio per conto dell’ISCA - Istituto Superiore di Cultura Alpina che ha introdotto l’argomento della preistoria in valle Po, con particolare riferimento alle asce del Monviso, per poi tratteggiare l’importante storia della “conquista” del Re di Pietra.

Il convegno è stato aperto dal geologo torinese Daniele Castelli, professore ordinario di Petrologia e Petrografia presso l’Università degli Studi di Torino, che ha spiegato perché la giada del Monviso affiori proprio nel territorio di Oncino, indagando la conformazione e la storia geologica dell’area del Monviso, un tempo sommersa da un antico oceano che ne ha plasmato la forma. 

È entrato più nello specifico dell’archeologia l’intervento di Sandro Caranzano, che ha approfondito il discorso sul tema “Neolitico nell’area del Monviso”, indagando la produzione delle accette in pietra verde e la loro grande circolazione a livello europeo tra il 5.600 e il 3.300 a.C., un periodo di circa duemila anni nei quali questi oggetti ebbero enorme diffusione a livello europeo. In conclusione ha poi proposto e commentato un’ampia sintesi del video “Giada, grandi asce alpine nel neolitico europeo” prodotto alcuni anni addietro da Pierre Petrequin.

Ultimo intervento, quello di Dino Delcaro, Presidente del Centro di Archeologia Sperimentale Torino, che ha spiegato cosa sia l’archeologia sperimentale ovvero la sperimentazione di tecniche di lavorazione antiche dei materiali. 

vilma brignone

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