Per il momento è una guerra solo verbale che è scoppiata a Menton e si sta propagando un po’ in tutta la Costa Azzurra, ma i toni utilizzati assomigliano sempre di più a quelli propri di alcuni governanti d’oltre frontiera.
Nice Matin ha titolato, in prima pagina, “La guerre des serviettes est déclarée”, dando voce ad una protesta che, utilizzando i vari social, monta assieme con il caldo estivo e l’aumento del numero dei turisti.
Soprattutto degli italiani, che sono considerati i veri responsabili dell’occupazione di suolo pubblico attraverso un metodo sistematico, consolidato da tempo e sicuramente ben rodato.
La storia è semplice e non è nemmeno poi troppo nuova. Il mattino, intorno alle 7, le spiagge si animano, nel senso che normalmente giunge una persona, munita di tanti asciugamani e di qualche ombrellone che occupa una bella porzione di lido, in prossimità del mare. I titolari delle serviettes giungeranno poi più tardi, con tutta comodità, sapendo di avere un posto in prima fila.
Così a Menton e da lì progressivamente in tutta la Costa Azzurra è partita la protesta con toni “risorgimentali”: “Libérons nos plages” si legge sui social, nella pagina creata dal “Mouvement contre les places réservées Menton/RCM” che chiede a gran voce un intervento da parte delle autorità comunali e la diffusione di manifesti scritti in francese e italiano per ricordare che la pratica dell’occupazione delle spiagge attraverso il sistema delle serviettes, posate quando spunta l’alba, è vietata.
Per il momento la guerra è verbale ed è destinata a durare per il prossimo mese, poi, dopo ferragosto, tutto tornerà nella normalità, come ogni anno e, man mano che gli spazi si libereranno e le spiagge diventeranno il punto di ritrovo degli “habitué” tutto riprenderà il corso normale.
Ora, però, la “guerre des serviettes” serve anche ad occupare le lunghe ore sotto lì ombrellone: non in tutta la Costa Azzurra, peraltro, rappresenta l’argomento clou.
A Nizza, ad esempio, all’ordine del giorno sulle spiagge è la richiesta di vietare il fumo che è ancora consentito e, in questo caso, le parti sono invertite: a protestare sono gli italiani e a fumare le sigarette sono i francesi che dal vizio proprio non riescono a liberarsi, nonostante il rincaro dei prezzi.
Effetto anche della vicinanza dell’Italia con il costo delle “stecche” molto meno caro.