Passeggio pressoché quotidianamente sul luogo dove 86 persone sono state uccise e centinaia sono state ferite, dove tante famiglie sono state distrutte ed una città ha subito un affronto inimmaginabile.
Passeggio tutti i giorni, anche se, per alcuni mesi, proprio quel marciapiede, fra i più belli al mondo, che sfiora il mare e si affaccia su palazzi dall’enorme valore architettonico, che è stato fotografato miliardi di volte e che è nei sogni di tante persone, è stato negato al passeggio delle persone.
Non può essere che chiodo scacci chiodo, che tutto si annacqui, che il Covid 19 serva a far dimenticare la strage, quella strage di cinque anni fa.
La memoria non va cancellata, come le radici, la storia, il bello e il brutto della vita delle persone devono servire a creare un insegnamento per la collettività, un modo per comprendere gli errori e per cercare di migliorarsi.
La strage di Nizza l’ho vissuta, in tutta la sua intensità, la mattina del 15 luglio, il giorno dopo, quando le prime luci dell’alba consegnarono a chi volle recarsi sulla Promenade des Anglais le immagini del bianco.
Il bianco delle lenzuola che avvolgevano ancora i corpi o parti di essi, dei guanti utilizzati da chi aveva prestato soccorso, dei fazzoletti di carta colorati dal rosso del sangue.
Sono passati cinque anni, la città è cambiata, anche sotto il profilo urbanistico, la gente è cambiata, la vita collettiva non è più stata la medesima.
Poi è giunto il Covid 19 ed ha colpito nuovamente: non deve però distogliere la memoria e i ricordi.
Le 86 vittime che commemoriamo oggi, sono ancora là a ricordarci che in una sera un poco piovigginosa si erano recate per assistere ai fuochi d’artificio e per godere di un poco di musica nel giorno più bello e festoso della Francia.
Un camion maledetto, anch’esso bianco, tolse loro la vita e cambiò radicalmente la percezione di quel giorno di festa,.
Da quel momento, per Nizza, il 14 luglio non è più sinonimo di gioiosi incontri tra le strade, di danze, di musiche, ma di un lutto che continua a perpetuarsi.
La libertà, la fraternità, l’uguaglianza che costituiscono le basi sulle quali posa la Repubblica francese non sono state scalfite, ne sono uscite rafforzate, ma le 86 vittime sono ancora là, con i loro oggetti caduti per strada, i giochi dei bambini, le carrozzine, i cellulari a ricordarci che la vigliaccheria umana non ha limiti, ma che la memoria serve proprio per sconfiggerla.
Perché la memoria ci guida, ci aiuta a fortificarci e ci insegna: chi non ha memoria, chi vuole cancellarla, chi vuole modificarla, chi vuole rivederla ha poco a che fare con l’umanità vera, con il coraggio e la generosità che spinse tante persone a soccorrere i feriti, a consolare i parenti, a coprire i morti.
La memoria ci accompagna e ci guida, anche in epoca di covid, quando altre preoccupazioni potrebbero distogliere la nostra attenzione, in questo fondendo il passato e il presente in un unico racconto al quale partecipiamo tutti, come protagonisti e non come comparse.