Business - 20 gennaio 2021, 15:00

Cina ed Europa bloccano il commercio di rifiuti. Danno o opportunità?

La Cina mette al bando l’importazione di rifiuti solidi e l’Unione Europa ostacola l’esportazione della plastica dal 2021. Costi aggiunti per lo smaltimento dei rifiuti europei sono dietro l’angolo, ma tutto dipende dalla futura performance del mercato del riciclaggio.

Cina ed Europa bloccano il commercio di rifiuti. Danno o opportunità?

Il 2021 sembra già un anno di cambiamenti, ma non solo per quanto riguarda le grandi novità nel panorama geopolitico mondiale – Brexit, il vaccino Covid, Biden Presidente. Il settore del commercio dei rifiuti viene raramente preso in considerazione, tuttavia è fondamentale dal punto di vista ambientale, della salute pubblica e della gestione delle risorse. Infatti, può avere un profondo effetto sulle amministrazioni locali, dato che gran parte del budget di giunte comunali viene speso nella raccolta, smaltimento e riciclaggio dei rifiuti.

Il commercio di rifiuti è un mercato globale che vale decine di miliardi di dollari. Le Nazioni Unite stimano che il solo commercio della plastica si aggira intorno ai 6 miliardi. La maggioranza dei rifiuti viene esportata dai paesi occidentali a nazioni povere in Africa e Asia e, fino a poco tempo fa, anche alla Cina. Ufficialmente vengono spediti per riciclaggio, ma sovente i rifiuti smerciati non sono smistati, sono contaminati e di bassa qualità. Anche quelli di buona qualità vengono raramente riciclati perché le nazioni che li importano non hanno sufficienti impianti e risorse. I rifiuti vengono spesso lavorati a mano anche da bambini, senza norme di sicurezza e con grandi rischi alla salute, e vengono solitamente inceneriti o sotterrati. L’Europa non ha quindi risolto il problema della gestione dei rifiuti e dell’inquinamento, lo ha semplicemente esportato.

Ma ora tutto ciò potrebbe cambiare. Dal primo gennaio 2021 la Cina e l’Unione Europea, quasi all’unisono, hanno deciso di mettere restrizioni a questo flusso di immondizia. La Cina ha bandito completamente l’importazione di tutti i rifiuti solidi. L’Unione Europea ha invece rafforzato le proprie leggi mettendo al bando l’export di plastica non smistata e tossica verso ed alzando gli standard necessari per l’esportazione. Ovviamente questa decisione non fa nulla per regolamentare l’esportazione di rifiuti pericolosi, come gli “e-waste” (rifiuti elettronici) che ammontano a circa 170.000 tonnellate all’anno dal vecchio continente.

Questi cambiamenti possono danneggiare fortemente l’Europa, ma possono anche rappresentare un’opportunità. Con il benservito della Cina, il nostro più grande mercato di esportazione, e con leggi comunitarie sempre più restrittive, i paesi europei dovranno accollarsi la gestione quasi completa dei loro rifiuti. Si dovranno costruire più inceneritori ed allargare le aree di discarica e di interramento di rifiuti: ciò costituirà maggiori pericoli alla salute pubblica e costi esosi. Anche in una piccola città come Cuneo le ripercussioni si sono già fatte sentire: lo scorso autunno, la TARI comunale è stata aumentata del 20% e l’assessore Dalmasso ha, inter alia, additato la Cina come causa.

L’Unione Europea ha rafforzato quei regolamenti per incentivare il riciclaggio nei paesi membri, il che potrebbe far lievitare i costi ancora di più. Tuttavia, se si riuscisse, attraverso strategie nazionali e protocolli internazionali, a riformare l’economia rendendola “circolare”, questo investimento potrebbe produrre del profitto a lungo termine. La sfida sarà creare un mercato stabile dei materiali riciclati ed incentivare le aziende ad utilizzare quello al posto di materiali vergini per la loro produzione. Le aziende dovranno anche essere incoraggiate a prendere in considerazione la facilità nel riciclare i loro prodotti durante la loro concezione.

Questo nuovo mercato non si fermerebbe ai classici rifiuti municipali – carta, plastica, alluminio e vetro – ma si estenderebbe anche ai rifiuti pericolosi ed in particolare ai metalli “preziosi”, come litio, neodimio, cobalto, silicio e platino. Questi metalli sono rari ma fondamentali per l’economia e soprattutto per la lotta ai cambiamenti climatici: sono infatti essenziali per l’elettronica e per le batterie ad esempio nelle macchine elettriche.

Nicola Gambaro

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