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Politica | 22 aprile 2022, 07:00

Presidenziali, la Francia al voto mai così divisa

Divisioni che giocheranno un ruolo importante nelle scelte, per nulla scontate, che l’elettorato andrà a fare domenica prossima

Presidenziali, la Francia al voto mai così divisa

Oggi la Francia vivrà la sua ultima giornata di campagna elettorale, domani la pausa di riflessione e domenica il Paese andrà al voto per eleggere il Presidente della Repubblica.

È una Nazione profondamente divisa quella che sceglierà tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, divisioni diverse, acute che dilaniano il tessuto sociale e coinvolgono anche più volte il medesimo elettore.

 

 

La pandemia, la guerra in Ucraina, l’inflazione, la perdita del valore di acquisto dei salari e delle pensioni, l’ecologia, l’agricoltura, la sicurezza, le pensioni e la separazione evidente tra città e campagne, quella tra centri cittadini ed aree periferiche, tra stato laico e confessioni religiose, tra una malcelata idea di “grandeur” e quella di un nuovo ruolo di traino nell’Unione Europea: queste sono le “rotture” più evidenti che percorrono il corpo elettorale.

 

Divisioni che giocheranno un ruolo importante nelle scelte, per nulla scontate, che l’elettorato andrà a fare domenica prossima.
Le urne hanno consegnato, dopo il primo turno, un Paese diviso in tre:

  • Il centro di Macron, borghese, perbenista, riformista, espressione di un Paese che crede di avere ancora un ruolo importante da svolgere sullo scacchiere europeo e mondiale col 27,6%.
  • L’estrema destra della Le Pen che parla alla pancia della nazione, evoca chiusure a riccio con un’economia rivolta al mercato interno ed una politica di forte chiusura nei confronti dell’immigrazione. Che non nasconde rapporti con la Russia di Putin e mal digerisce l’Unione Europea con le sue peculiarità ed anche i suoi riti col 23%;
  • La sinistra di Mélenchon che è arrivata vicinissima al secondo posto, mancato per meno di un punto percentuale, che sconta le divisioni solite della gauche e che rappresenta una buona parte del mondo giovanile oltre ai tanti “fâchés” (in italiano la traduzione è “incazzati”) che hanno animato le strade, le piazze e le scuole negli ultimi anni col 22,2%.

A fianco di questi tre gruppi un ruolo lo svolge l’ultra destra radicale di Zemmour col suo 7%, oltre a due partiti ormai in fase di estinzione, i Républicains e i socialisti che non hanno raggiunto nemmeno la soglia del 5% assieme con gli ecologisti.

 

Tutte queste rotture e le scelte della sinistra di Mélenchon e l’ultra destra di Zemmour potrebbero creare sorprese al momento dello scrutinio, il cui esito (anche se i sondaggi ipotizzano la vittoria di Macron col 55 per cento) pare legato ad una serie di concause, nessuna delle quali potrebbe rivelarsi determinante, ma che nel loro complesso lo sarebbero (o saranno) sicuramente.

Se a prevalere sarà Macron lo dovrà alla formazione di un “rassemblement” repubblicano che questa volta, almeno ufficialmente, non si è formato dopo il primo turno.
Il Presidente uscente ha sì ottenuto l’assicurazione del proprio voto da Mélenchon e dalla Pécresse, ma a titolo personale.

In piazza i sostenitori del leader della sinistra hanno risposto alle avances di Macron ed a quelle della Le Pen urlando lo slogan “fâchés pas fachos” (incazzati, non fascisti) che non può essere letto come una vera e propria dichiarazione di voto.
Anche sul come voterà la sinistra i sondaggi hanno consegnato la propria sentenza: il 50% voterà per Macron e il restante 50% si dividerà tra Le Pen ed astensione.

Solo domenica sera, alle 20, quando chiuderanno i seggi delle grandi città si saprà che scelta hanno effettuato i francesi e chi sarà l’inquilino dell’Eliseo.

Sulla carta dovrebbe essere Emmanuel Macron, ma mai come questa volta i dubbi verranno sciolti solo a scrutinio ultimato.
Poi, subito dopo, partirà la campagna elettorale per l’elezione dell’Assemblea Nazionale a giugno. Se Presidente della Repubblica dovesse essere Marine Le Pen non è difficile ipotizzare la “coabitazione” tra l’Eliseo ed un Parlamento di colore opposto e la Francia si verrebbe a trovare in piena instabilità in un momento drammatico per l’Europa.

Ma prima di fasciarsi la testa è meglio attendere domenica sera e confidare sullo slogan “fâchés pas fachos” urlato dai più giovani tra gli elettori.


Beppe Tassone

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