Quando si lascia una casa in affitto, attenzione alle pareti colorate: potrebbero costare caro.
In base alla normativa vigente, infatti, l’inquilino ha l’obbligo di riconsegnare l’immobile nello stato in cui lo ha ricevuto, compresi i muri, che devono tornare al loro colore originario, salvo diverso accordo con il proprietario.
L’articolo 6 della legge n. 431 del 9 dicembre 1998 (che riprende la normativa francese del 6 luglio 1989) stabilisce che il locatore non può opporsi agli interventi di personalizzazione, purché non trasformino sostanzialmente l'immobile.
Tuttavia, la giurisprudenza è chiara: le modifiche devono restare entro i limiti del buon senso.
Tradotto, via libera a tinte neutre o facilmente reversibili, ma se avete optato per un viola acceso, un verde acido o un rosso fuoco, preparatevi a ripassare il bianco prima di riconsegnare le chiavi.
Nel caso in cui il proprietario trovi l’immobile con colori ritenuti “eccentrici” o inadatti all’uso abitativo ordinario, ha diritto a chiedere che la pittura venga ripristinata a spese dell’inquilino. In alternativa, può farlo fare direttamente e rivalersi poi sui costi.
Diverso il discorso per l’usura naturale delle pareti: l’inquilino non è responsabile di eventuali scolorimenti dovuti al tempo. Ma anche in questo caso serve cautela.
Il decreto n. 87-712 del 26 agosto 1987, punto di riferimento in materia di riparazioni locative, prevede che il conduttore debba comunque mantenere le pareti e i soffitti in condizioni decorose, anche tramite piccoli ritocchi.
In sintesi: colorare le pareti di casa è concesso, ma meglio scegliere tinte sobrie. Altrimenti, al momento del trasloco, il conto del decoratore potrebbe finire tutto nelle vostre mani.