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Nizza | 22 luglio 2017, 10:05

Al Nice Jazz Festival un’altra serata di grandi musicisti, tra sensazioni ed emozioni.

… Poi il batterista rimane solo sul palco, le luci sono solo per lui. Un assolo che continua poi con il ritorno dei due compagni in un brano coinvolgente e travolgente: applausi!

Nice Jazz Festival

Nice Jazz Festival

La serata è afosa causa le nuvole che ci stanno sopra dall’alba senza decidersi a scaricarsi in un bel e agognato temporale oppure andarsene cacciate dal vento.

Ma l’arrivo puntuale di DANIEL FREEDMAN ci porta un po’ di freschezza: giovane batterista, già leader di un quartetto con piano, chitarra e basso. I ritmi attraversano varie parti del mondo da New York a Rio passando per suggestioni africane.

Una musica fatta di tante musiche, a volte minimale, ma sempre elegante. Assolo di chitarra, atmosfera suggestiva fin dall’inizio con la batteria di Daniel che via via la fa da protagonista. Poi tocca al pianoforte e al basso, afroamericano, in camicia e cravatta ton sur ton con lo strumento. Il ritmo cresce e coinvolge il pubblico, che comincia ad agitarsi nonostante il sole, uscito di colpo dalle nuvole, picchi sulle nostre teste come Daniel sui piatti.

Ma ecco brani e suoni da ascoltare e gustare anche in poltrona, trasformarsi in immagini africane. Musica sempre raffinata: ésprit de finesse pour la tendresse. Finale coinvolgente con Daniel scatenato come il pubblico.

Arriva poi SHAI MAESTRO TRIO: anche si è di fronte ad un pianista e compositore di...nuova generazione che , dopo aver lavorato con musicisti importanti, ora guida un trio con basso e batteria, alla ricerca di sonorità non sempre usuali per sprovveduti come me. Pianista di formazione classica, ma sembra anche grande improvvisatore come tradizione nel jazz, senza disprezzare richiami al folklore est-europeo e mediorientale: un trentenne dal futuro sicuro, dicono gli esperti.

Protagonisti i suoni del pianoforte in dialogo con le bacchette e la voce-strumento del batterista israeliano. A volte sofisticato e minimalista l’intervento del basso peruviano. Ritmi lenti e riflessivi, pubblico silenzioso e attento, trascinato poco per volta verso una partecipazione meno fisica, ma non per questo meno intensa.

Poi il batterista rimane solo sul palco, le luci sono solo per lui. Un assolo che continua poi con il ritorno dei due compagni in un brano coinvolgente e travolgente: applausi!

ABDULLAH IBRAHIM & EKAYA& A VERY SPECIAL GUEST TERENCE BLANCHARD: una vera e propria orchestra con regolamentari spartiti. Adolph Johannes Brand prima della conversione all’islam, 83 anni, pianista raffinato e compositore, leggenda del jazz sudafricano, chiamato da Mandela il “Mozart del Sud Africa”, si presenta tutto solo e le sue mani scorrono ancora veloci e intense sui tasti.

La guest star è il trombettista di New Orleans, Terence Blanchard, che ha collaborato con i più famosi musicisti jazz e con registi come Spyke Lee. Eccoli insieme (un basso, un trombone, sax tenore-flauto, sax baritono, sax basso, tutti afroamericani ed eleganti, l’unico in jeans attillati è la tromba) a recuperare e rileggere Ekaya, una musica che si pensava ormai persa e che ricorda le lotte contro l’apartheid, di cui Ibrahim è stato protagonista con la sua musica e il suo impegno, fino all’esilio nel 1963.

E’ un alternarsi di interventi singoli dei vari strumenti e di bravi collettivi: nessuno è protagonista assoluto, nemmeno Ibrahim che a volte osserva i suoi compagni ed accompagna con lo sguardo i loro interventi.

Ovazione finale a tutta l’orchestra

Renato Sala

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