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Altre notizie | 20 novembre 2017, 12:00

Il crudo realismo e la divina bellezza del ‘Vero’ in Caravaggio a Monaco

Neppure l’amore riesce a sottrarci dal dolore e dalla morte che ci rende tutti uguali: solo l’arte è in grado di sopravvivere al povero destino dell’umanità.

Il crudo realismo  e la divina bellezza del ‘Vero’ in Caravaggio a Monaco

Martedì 14 novembrepresso il Théâtre des Variétés, i soci della Dante di Monaco e i molti amanti dell’arte presenti in sala, hanno avuto il privilegio di assistere ad una lectio magistralis tenuta dallo storico dell’arte Nicola Spinosasu Caravaggio e il periodo napoletano. Appassionato e profondo conoscitore del pittore lombardo, il prof.Spinosa ha condotto l’uditorio verso un approccio che sgombrasseil campo da esagerazioni e false dicerie che hanno contribuito a rendere mitico il personaggio Caravaggio. Certo la sua vita travagliata, segnata da un delitto, una fuga disperata e un perdono giunto assieme alla morte, hanno contribuito a crearne il mito,ma oltre la leggenda, resta lastraordinaria novità di questo grande protagonista dell’arte, chetrascende dal suo realismo violento che rifiuta le convenzioni e punta sul vero, convinto che solo nellaverità sta la bellezza. Un realismo talmente coinvolgente che l’appassionato racconto del prof. Spinosa ha saputo ricreare tramite puntuali diapositive, permettendo all’uditorio di immergersi proprio in questa epocale rivoluzione portata avanti dal genio caravaggesco e condotta con tenacia e drammatica ricerca. Una scelta artistica cheper l’epoca in cui è stata portata avantiha del rivoluzionario, dato che oltreche il campo artistico ha toccato anche istanze religiose, politiche e laiche. La pittura di Caravaggio a Napoli si fa infatti sempre meno idealizzata, angelicata e anche i santi, come la stessa Madonna, vengono rappresentati quasi imperfetti per renderli più vicini all’umanità. D’altronde come poteva un artista dalla vita così intensamente travagliata come Caravaggio non sentirsi pregno, giungendo a Napoli, di quell’umanità ancor più piena di contrasti e di miserie dellaRoma da cui stava fuggendo?La sua pittura si fa più cupa, quasi a disfarsi e si moltiplicano le teste tagliate come nella“Salomè con la testa del Battista”(oggi a Londra) o nel “Davide con la testa di Golia”(Vienna).Nei molti dipinti a soggetto religioso eseguiti durante il periodo napoletano non è mai rappresentato il divino che giudica e che condanna, ma al contrario vi è la coscienza di una santità che viene incontro all’uomo, ad un’umanità piena di miserie con cui anche la santità deve avere a che fare. Ed ecco che, a volte in quadriche sembrano ambientati nelle strade della Napoli popolare, Caravaggiodipinge scene di una tale toccante umanità da cui sembrano scaturire brandelli di carità vera.

La lectio del prof. Spinosa si conclude con un’ultima profonda riflessionedi vita e di arte insieme,fatta su il “Martirio di sant’Orsola”, probabilmente l’ultima opera dipinta da Caravaggio, nel 1610 a Napoli, una delle più drammatichedell’artista. L’omicidio si svolge di notte ai dannidi un’innocente aggredita da sicari armati, in un baluginare di luci, come sotto un temporale.

Caravaggio stesso si è dipinto in quella compagnia di sicari,ritraendosi proprio alle spalle della santa che si china, quasi sorpresa, a toccare la freccia che le ha trafitto il petto. È l'ultimo autoritratto dell'artista lombardo che Spinosa sottolinea sembra, nello stupore di un raggiunto drammatico realismo, avvertire di sentirsi travolto nello stesso gorgo di violenza che inghiotte sant'Orsola, quasi ad indicare chesiamo tutti vittime e carnefici e soprattutto su tutti incombe un destino a cui non possiamo sottrarci, il destinodi morte.

Neppure l’amore riesce a sottrarci dal dolore e dalla morte che ci rende tutti uguali: solo l’arte è in grado di sopravvivere al povero destino dell’umanità.

cs

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