L’11 settembre ricorre il 57° anniversario del disastro aereo che sconvolse la Costa Azzurra: la Caravelle Ajaccio-Nizza, volo Air France AF 1611, precipitò al largo di Antibes portando con sé 95 vite, tra cui quelle di 13 bambini.
Un dramma che la città di Nizza ricorderà martedì 9 settembre 2025 con una messa all’Église Sainte-Hélène alle 10.30 e la deposizione di corone al Monumento del Jardin Ferber.
Da oltre mezzo secolo, però, resta aperto un enigma che ricorda quello di Ustica. La versione ufficiale parlò di un incendio a bordo, forse provocato da un guasto nei bagni.
Ma un’altra ipotesi non è mai stata cancellata: il jet civile sarebbe stato colpito per errore da un missile durante esercitazioni militari francesi.
Negli anni, inchieste e perizie non hanno mai fatto piena chiarezza. A Carras, all’estremità ovest della Promenade des Anglais, un monumento ricorda ancora oggi le vittime.
Ma nuovi elementi hanno riacceso le indagini: il racconto di un tecnico dell’ORTF, presente al sequestro di una registrazione che rivelerebbe responsabilità dell’esercito, ha spinto la magistratura a riaprire il dossier.
Secondo l’avvocato Paul Sollacaro, che rappresenta i familiari, «quel giorno l’Armée era impegnata in manovre militari. Un missile avrebbe colpito l’aereo in fase di avvicinamento a Nizza». La tesi è considerata “molto seria” anche dai giudici istruttori Alain Chemama e Maryline Nicolas, che si avvicendano nel fascicolo.
Oggi la giustizia francese è pronta a un passo decisivo. Tra fine 2025 e metà 2026, sono previste ricerche subacquee a oltre 2.200 metri di profondità.
Due i possibili scenari: una prima missione mirata, su un’area di circa 8 km², per localizzare i resti e realizzare fotografie; oppure, se non bastasse, una campagna più estesa con i mezzi della Marina.
L’obiettivo è esaminare i motori della Caravelle: se vi fossero tracce compatibili con un missile, l’ipotesi militare diventerebbe più di una semplice congettura. Per i fratelli Mathieu e Louis Paoli, che nel disastro persero entrambi i genitori e che da vent’anni lottano in tribunale, è «un’ultima tappa storica».
«Non possiamo parlare di vittoria, ma di riconoscimento», spiega oggi Mathieu Paoli, 80 anni. «Finalmente potremmo vedere immagini della carlinga e avere prove decisive. Se un motore non fosse più lì, significherebbe molto».
Le famiglie delle vittime, riunite in un’associazione con una cinquantina di membri, non chiedono risarcimenti. Cercano soltanto verità. Dopo anni di silenzi, documenti scomparsi e sospetti di insabbiamento, il mare potrebbe restituire le risposte attese da oltre mezzo secolo su uno dei più oscuri misteri dell’aviazione civile francese.














