Ci siamo. O almeno così ci dicono.
Oggi, con tanto di cerimonia ufficiale e passerella di ministri, Matteo Salvini per l’Italia, Philippe Tabarot per la Francia, si inaugura il “nuovo” traforo del Colle di Tenda. Peccato che, dopo dodici anni di lavori e trentasei di tentativi abortiti, il tunnel riapra... a senso unico alternato. Con attese che potranno arrivare fino a 45 minuti.
Una galleria che nel 1882 fu simbolo di progresso, la più lunga d’Europa all’epoca, costruita in appena nove anni con mezzi primitivi, oggi si presenta come un monumento all’inconcludenza.
Dal 2013, anno d’avvio del cantiere del cosiddetto “Tenda bis”, il percorso è stato tutto in salita: rallentamenti, varianti, ricorsi, inchieste giudiziarie, frane, alluvioni e persino un sequestro del cantiere.
Ma la storia del Tenda come progetto incompiuto parte ben prima.
Nel 1988, i francesi avevano già sul tavolo un progetto dettagliato per una nuova galleria di 6,3 chilometri, con pedaggio e un costo stimato in 300 miliardi di lire. Da parte italiana, le prime idee concrete prendono forma solo nel 1994, quando la Giunta provinciale di Cuneo approva un progetto parallelo al tunnel esistente: 3,385 km di lunghezza, 198 miliardi di lire di costo. Sulla carta, tutto pronto. Nella realtà, l’iter si perde tra tavoli tecnici e burocrazia.
Il punto centrale della disputa è la quota altimetrica: una parte degli amministratori locali spingeva per una soluzione più bassa, entrata a Panice ed uscita a Vievola, eliminando i tornanti sul lato francese. Quelli che oggi costringono all’apertura forzata con il semaforo, per intenderci.
Una soluzione forse anche tecnicamente più logica e meno soggetta a rischio neve (si sa, i francesi non sono mai stati dei fulmini nel pulire la strada dalla loro parte). Ma si scelse invece la soluzione “più semplice”, ovvero scavare un tunnel parallelo all’esistente, a quota elevata, pur sapendo dei rischi idrogeologici.
Nel 2000 il Piano Provinciale dei Trasporti riceve nuove indicazioni: indagini idrogeologiche, preoccupazioni sull’acquedotto delle Langhe, rischio valanghe, tutto viene preso in considerazione. E nel 2006 la Conferenza intergovernativa italo-francese approva il progetto per un tunnel a doppio senso di marcia, lungo 3.400 metri. Doveva essere pronto per le Olimpiadi di Torino. Poi per il 2011. Poi per il 2020.
Il cantiere parte (si fa per dire) nel 2013.
Già nel 2016 iniziano i primi stop: prima un crollo causato da una vena d’acqua, poi i lavori si fermano per proteggere la falda acquifera.
Nel 2017 arriva il colpo di grazia: il cantiere viene sequestrato per frode e furto aggravato, con indagini che coinvolgono imprese e funzionari pubblici. Tre anni di paralisi. Nel 2020, mentre si prova a ripartire, arriva un’alluvione devastante che spazza via mesi di lavoro.
Nel frattempo, i costi lievitano. Dai 140 milioni iniziali si passa a oltre 300. Mentre le categorie economiche, che all’epoca si divisero sul tracciato e oggi lamentano i danni subiti, chiedono ristori. Gli stessi che, per anni, hanno giocato a tirare il progetto da una parte all’altra, contribuendo allo stallo.
Se dal versante italiano gli amministratori locali appaiono spesso timidi, cauti, e nella maggior parte dei casi assoggettati alle linee dettate dai rispettivi partiti, in Valle Roya c’è chi ci mette la faccia senza filtri.
È il caso di Jean Pierre Vassallo, sindaco di Tenda, figura tanto scomoda quanto determinata. Le sue dichiarazioni, che in Italia verrebbero subito etichettate come “politicamente scorrette”, scuotono regolarmente il dibattito e non risparmiano nessuno: né Parigi, né Roma, né tantomeno l’Anas.
Vassallo non si limita alle parole, ma agisce. Dopo la tempesta Alex, che ha devastato la valle nel 2020, è riuscito a ottenere ben due visite ufficiali del presidente Emmanuel Macron nella piccola Tenda. Ha aperto un dialogo diretto con il Principe Alberto di Monaco, ottenendo un importante finanziamento a sostegno della ricostruzione. Ma soprattutto mantiene un filo diretto con le potentissime autorità della Métropole Nice-Côte d’Azur, vero centro di potere della regione PACA.
Attaccato da più fronti, Vassallo non arretra di un millimetro. Anche quando l’Anas lo bacchetta pubblicamente (senza mai nominarlo) a suon di comunicati stampa, lui replica, incalza, espone dati e ritardi, chiede spiegazioni. E ottiene. Ottiene risorse, attenzione politica, risultati concreti.
Una figura divisiva, certo, ma che per molti rappresenta un raro esempio di amministrazione combattiva, capace di rompere il silenzio istituzionale che, sul lato italiano, continua a coprire colpe e incertezze con toni moderati e frasi precotte.
E arriviamo ad oggi, mentre si fanno le foto davanti alla galleria ancora incompleta e la normalità resta un miraggio. Nulla esclude nuovi stop alla circolazione, né si sa con certezza quando (e se) vedremo il tunnel funzionare a doppio senso.
In tutto questo, i cittadini della Valle Vermenagna, così come quelli della Roya, continuano a vivere in un limbo infrastrutturale che fa danni economici e sociali. E nonostante la parata istituzionale di oggi, la sensazione prevalente è quella di una presa in giro permanente.
La montagna ha partorito un tunnel. Ma solo a metà. Per l’altra metà, si attende ancora. Da trentasei anni.