Le recenti buone notizie provenienti da un primo bilancio della missione “Tara Oceans” che ha evidenziato una particolare “vitalità" delle scogliere del Djibouti in Africa, nonostante l’acidificazione degli oceani, ci fanno fare un passo indietro. Fra i protagonisti della missione in corso c’è anche una ricercatrice italiana, Francesca Benzoni, già ricercatrice all’Università Bicocca di Milano e coordinatrice su Tara della parte inerente i coralli.
Ma cos’è la missione Tara Oceans? E come nasce la collaborazione fra la ricercatrice italiana della Bicocca Milano e la missione? Le risposte nell’intervista realizzata in occasione delle presentazione della missione della goletta, prima che Francesca Benzoni si imbarcasse.
Francesca Benzoni, una ricercatrice italiana in una missione che parte dal Principato di Monaco. Come nasce questa collaborazione e quale sarà il suo ruolo in Tara Oceans?
- La parte che io coordino è quella relativa agli ecosistemi costieri delle fasce tropicali, quindi le scogliere coralline. E’ una fase entrata in un secondo tempo nel progetto Tara Oceans. Inizialmente partita come progetto sul plancton, e sulla distribuzione del plancton negli Oceani. In seguito i ricercatori ed i coordiantori si sono resi conto che il plancton non è solo nella colonna d’acqua ma è anche una parte importante della formazione del funzionamento delle scogliere coralline - anche se noi quando guardiamo le scogliere coralline vediamo solo macro organismi non viene nemmeno in mente che tutto funziona sulla base di micro organismi, invece è così. Siccome Tara sarebbe comunque passata nella fascia tropicale, sono entrata in gioco io -
Ci parli della sua carriera, come è “approdata” da Milano a Tara Oceans?
- Io lavoro all’Università Milano Bicocca, sono assegnista di ricerca ed avevo fatto il dottorato in Francia, a Perpignan. Avevo già conosciuto colleghi francesi, ero già stata coinvolta in ricerche oltralpe e quindi è stato abbastanza facile arrivare a me e attraverso varie collaborazioni fatte negli anni. Per questo progetto ho coinvolto, nei diversi problemi, anche colleghi che lavorano nella fascia indo pacifica. Insieme abbiamo mandato questo progetto che comincia con il nostro contributo attivo di ricerca ai tropici. L’obiettivo è, come per la parte plancton la biodiversità; siamo anche nell’anno della biodiversità quindi il progetto cade perfettamente -
In cosa consiste la vostra missione Tara Oceans?
- Nella missione andremo a studiare i diversi organismi dai batteri, alle alghe, ai coralli. Quali specie ci sono, come sono distribuite, qual è il loro ruolo ecologico e poi affronteremo, con l’equipe di Monaco, alcuni problemi relativa alla crescita di questi organismi, che calcificano, che si costruiscono la scogliera in un tempo di cambiamento climatico. Dove l’acqua sta diventando via via più acida e le temperature via via più alte. Tutto porterebbe ad uno sciogliemento di queste strutture di calcare. Studieremo questi due aspetti con un’equipe internazionale (francesi, monegaschi, italiani kenyoti, americani). Io coordino e mi occupo dell’aspetto biodiversità coralli e sarò presente in tutte le tappe di questo primo anno -
Monaco fa dell’ambiente la sua bandiera. E' Paese capofila in Europa senza dubbio di numerose iniziative. Ci può svelare qualche caratteristica in merito agli studi che partono da qui e da “addetta” ai lavori – per giunta italiana - una sua considerazione a riguardo?
- I laboratori di Monaco con i quali collaboriamo per determinati aspetti sono all’avanguardia mondiale, non solo in Europa. Hanno un target molto specifico e sono quello che chiamiamo il “cutting edge”, ovvero la parte tagliente quello che è il massimo per quanto riguarda gli aspetti che andremo a studiare. Per me è stato più logico andare verso di loro e chiedre se erano interessati. Loro hanno accolto il prgetto con intersse -
Lei viene dalla Bicocca di Milano. Eisistono progetti di ricerca in questi ambiti? E più in generale come si colloca la ricerca italiana in questo settore?
- Per l’Italia in generale è sempre una situazione un po’ difficile per quanto riguarda la ricerca universitaria soprattutto noi non abbiamo una tradizione di ricerca ai tropici. E’ uno dei paesi europei ricchi che non ha mai avuto tante colonie per tempo prolungato nella fascia tropicale. Non abbiamo mai investito nella ricerca tropicale, esclusi alcuni studi in Somalia ed in Eritrea. Diciamo che rispetto ai francesi - ovunque si vada nei tropici si trova un punto di riferimento francese per la ricerca - noi siamo il fanalino di coda. Non abbiamo avuto la possibilità storica di compiere degli studi nei tropici fino agli anni recenti in cui gli italiani hanno cominciato ad andare in tutte le parti nel mondo. Oggi non è possibile andare in un posto tropicale dove c’è una scogliera corallina senza incontrare italiani. Diciamo che l’industria del turismo ci ha portato ad essere colonizzatori di “seconda fascia” -














