Capita, nel corso di una carriera, di ritrovarsi in conflitto con il proprio datore di lavoro: un licenziamento inatteso, un cambio di mansioni non concordato, una retribuzione che non torna. La domanda sorge spontanea: serve davvero un avvocato del lavoro, e quando?
La risposta non è sempre “subito”. Ma in alcune situazioni i margini d’azione sono stretti, e aspettare troppo può significare perdere diritti che non si recuperano più. Conoscere tempi, strumenti e priorità aiuta a muoversi con lucidità — e spesso, a evitare il tribunale.
Capire la gravità del problema
Non tutte le controversie si equivalgono. Alcune richiedono un intervento legale immediato, altre possono essere gestite prima all’interno dell’azienda o con l’aiuto dell’Ispettorato.
I casi “rossi”, quelli più urgenti, sono i licenziamenti individuali, le discriminazioni o molestie, e le situazioni che coinvolgono salute e sicurezza. In questi ambiti la legge impone tutele precise: l’articolo 2087 del Codice civile obbliga il datore a garantire condizioni di lavoro sicure e rispettose della persona; il Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006) e il D.Lgs. 216/2003 vietano ogni discriminazione basata su genere, età, religione o orientamento sessuale.
Ci sono poi le aree “intermedie”: mancati pagamenti di retribuzioni, TFR o contributi, trasferimenti unilaterali, modifiche di mansioni non concordate. Qui la legge — articolo 2103 del Codice civile — stabilisce che il lavoratore può essere assegnato solo a mansioni equivalenti o superiori.
Infine, le situazioni “verdi”: incomprensioni su ferie, orari o turni, che spesso si risolvono con il confronto interno, senza arrivare a un contenzioso formale.
I tempi che contano davvero
Tra tutti i rischi, quello più sottovalutato è il tempo.
Chi riceve una lettera di licenziamento ha solo 60 giorni per contestarla in forma scritta.
Da lì scatta un secondo termine: 180 giorni per depositare un ricorso al tribunale del lavoro o avviare una conciliazione presso l’Ispettorato. Scaduti i termini, anche un licenziamento ingiusto diventa definitivo.
Per i licenziamenti economici (per giustificato motivo oggettivo) di aziende sopra una certa soglia, è obbligatorio un tentativo di conciliazione preventiva davanti all’Ispettorato territoriale del lavoro. E anche qui, la tempestività è tutto.
Negli altri casi — retribuzioni, mobbing, sicurezza — non ci sono scadenze così rigide, ma muoversi presto serve a non disperdere prove: documenti, e-mail, testimonianze. Ogni settimana che passa può rendere più difficile dimostrare i fatti.
Il valore della consulenza legale preventiva
Cosa fa davvero un avvocato del lavoro nella prima fase?
Non solo prepara ricorsi: analizza i rischi, valuta le opzioni e struttura una strategia.
Può indicare come raccogliere prove in modo corretto, redigere una diffida formale, o richiedere — ai sensi dell’articolo 15 del GDPR — l’accesso ai dati personali contenuti nel fascicolo aziendale.
La consulenza legale preventiva serve proprio a questo: capire se la causa è necessaria o evitabile, se conviene negoziare o puntare a una conciliazione in sede protetta, dove gli accordi hanno piena validità e non sono impugnabili.
Costi, tempi e scelte informate
Un’altra paura diffusa riguarda i costi. È utile sapere che gli onorari professionali seguono parametri fissati per legge (DM 147/2022, aggiornamento del DM 55/2014). Non sono tariffe obbligatorie, ma riferimenti trasparenti.
I tempi della giustizia, invece, restano lunghi: secondo la Relazione sullo stato della giustizia 2025, una causa civile ordinaria dura in media circa dieci mesi in primo grado. Anche per questo molti preferiscono risolvere in via amministrativa o conciliativa.
Gestire il conflitto senza bruciarsi
Una vertenza di lavoro non è solo un problema giuridico: è anche una prova emotiva. L’INAIL riconosce lo stress lavoro-correlato come rischio da prevenire, e invita a chiedere supporto quando il conflitto diventa pesante.
Vale anche una regola semplice: comunicare con calma, per iscritto e senza escalation. Le parole contano, e restano. Evitare reazioni impulsive aiuta sia la salute mentale sia la posizione legale.
Quando è davvero il momento di chiamare un avvocato
Ci sono segnali che non vanno ignorati.
Se hai ricevuto una contestazione disciplinare o una lettera di licenziamento, il tempo inizia a correre subito: 60 giorni per reagire, 180 per completare la procedura.
Se non ricevi da mesi lo stipendio o il TFR, se sei stato trasferito o demansionato senza accordo, se hai subito discriminazioni o ritorsioni, o se ti chiedono di firmare un accordo che non capisci fino in fondo — è il momento di parlarne con un professionista.
Un avvocato del lavoro non serve solo per “fare causa”, ma per evitare di perderla prima ancora di iniziarla.
Informazioni fornite in modo indipendente da un nostro partner nell’ambito di un accordo commerciale tra le parti. Contenuti riservati a un pubblico maggiorenne.














